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15 aprile 2011

"Leoncavallo a Genova"


Un vecchio adagio che mi sono inventato adesso dice che dei sondaggi son piene le tombe dei politici.

Però quello appena pubblicato da DIGIS sulle prossime elezioni comunali genovesi merita una lettura pur con una buona dose di antiacido.

Torniamo a scuola e trasformiamo i percento in voti.
Vincenzi: dal 2 al 3. Quel voto tanto temuto, da ragazzi. Scritto grande e rosso sul bordo del protocollo.
Trasporti? 4. Manutenzione? 3. Sicurezza? 2. Servizi Sociali? 4. Città Digitale? Troppe assenze. Smart City? Ricerca non pervenuta.
Condotta? 7 Nota sul registro: ha litigato con tutti i...Compagni. Non ha fatto altro che scherzi, celeberrimo quello dello stabilimento balenare a Caricamento e quello del prato in dicesa in via XX Settembre.
BOCCIATA! Scapaccione e via in collegio!
Allora ti aspetteresti che i suoi partiti seguissero egual sorte o che aumentasse a dismisura l'astensione e invece no...
La sinistra sembrerebbe avere ancora la maggioranza. Anzi, di più! Come se la Sindaco fosse un dittatore solitario nella torre di Tursi.
E' grave che i genovesi non si rendano conto che se Lei una ne ha fatta e due ne ha pensate, le rimanenti novantotto sono della sua maggioranza.
E' indice di disinformazione politica.
Perchè se a domanda rispondo che tutto fa schifo ma poi penso di rivotare esattamente gli stessi partiti premiando, anzi, le posizioni più conservatrici o non capisco un tubo, o la controproposta è disastrosa o tutto va bene, madama la marchesa, ma lasciatemi il mugugno.
Facile l'analisi.
Una città incollata. Richiusa in sè stessa. Richiusa anche in casa propria mentre fuori, padroni della strada, latinos e magrebini si bottigliano in faccia.
Con imprese che, in una squallida commedia imitazione dell'IRI, che però dava lavoro a trentamila famiglie più indotto, per restare in città pretendono milioni di Euro di finanziamento a vuoto e senza alcuna garanzia occupazionale mentre i cosìddetti imprenditori locali giocano alle costruzioni. Lego di cemento.
Elettori che sperano in una Pinotti o in una Balzani per lavarsi la coscienza mentre tutto resti immobile. Solo poter dare la colpa a qualcuno.
Non voglio vedere, sentire, parlare perchè, sai, ho un amico che lavora lì. L'amico. Il solito amico. Sempre lo stesso da trent'anni.
Evidentemente l'alternativa è meno convincente del male e non stento a crederlo se ci si accalora per la ricostituzione del Partito Fascista invece che prendere coraggio, mettersi in tasca le proprie rendite di posizione e di immagine e coagularsi intorno ad un sogno. Ad una visione.
Basterebbe volerci bene. Basterebbe questo.
Invece questa sera si va in scena, al Carlo Felice.
Un'altra replica: Pagliacci.